Scultura spazio vivo - Giorgio Segato

Paolo Marazzi è scultore della pietra è del marmo. Lo è per vocazione intima e antica: nei SUOI occhi c'e la sapienza di chi a lungo ha guardato e "visto" la pietra scaturire dalle cave, mutare sotto le agili e ritmiche movenze degli scalpellini, ha poi compreso le invenzioni poetiche e le proiezioni progettuali e costrittive degli artisti.
Ha "masticato" - come dicono nelle cave e nei laboratorio di Toscana polvere di peperino col pane.
Fin da ragazzo, ha seguito curioso e affascinato dal blocco cavato, massa di venti o più tonnellate che sovrasta l'uomo, ma che, colpo dopo colpo di subbia e di mazzuolo, l'artista domina, alleggerisce, esulta.
Così, è diventato anch’egli scultore, ma già lo era nel rispondere agli impulsi che fin dalla più giovane età lo conducevano in cave; e, naturalmente, la sua formazione, completata all'istituto d'Arte di Marino, all'Accademia di Belle Arti di Roma e nello studio Mastroianni, è datata assai più in là degli esercizi scolastici, legata ad una particolare sensibilità e a un sorgivo, innato, amore per la pietra come emblema della terra materna e, insieme, della potenza creativa dell'uomo.
Tutto ciò delinea la figura di Paolo Marazzi come figura d'artista "antica" e contemporanea al tempo stesso.
Nel senso che, recuperando integralmente la tradizione e la cultura della pietra in rapporto diretto, cioè di mestiere e di conoscenza, con la materia, egli risponde alla duplice esigenza che circola profonda nell'arte del nostro tempo, di restituzione della memoria e di riscoperta e rivalorizzazione della conoscenza sensoriale come fondate l'esplorazione, la Conoscenza e la creatività intellettuale, "Ho incontrato pochi giovani che si siano calati a fondo come lui nella pietra" ha dichiarato Umberto Mastroianni nel 1975, cogliendo uno degli aspetti peculiari del lavoro dell'allievo, cioè quello di penetrare nella pietra come in uno spazio vivo.
E non è un Caso, a mio avviso, se le opere di Marazzi sono "concepite" quasi tutte come movimento di nascita, di crescita, di sviluppo, come ritmo che si apre e si chiude, si carica per trovare nuovo slancio, o si ripiega per indagare lo spazio interiore.
Tutta l'opera plastica di Marazzi è, appunto, ritmo, modulazione di energia, dialogo tra la vita e lo spazio. Irrinunciabile è per lui il costante riferimento all'uomo, al gesto plastico della figura che nasce, si articola, conquista forma e misura, equilibrio, armonia la scansione degli sviluppi dei piani e netta, robusta, ricca di oggetti che tagliano la luce, di curve che la riprendono e la guidano a tenerezze che repentinamente s'arrestano e poi continuano per passaggi di compenetrazione. Per questo suo continuo ricorso alle antitesi vitali (ritmo di piani diversi, spigoli vivi e linee curve) da più autori è stato indicato come lontano riferimento il cubo-futurismo, che ricercava espressività dinamica nella scomposizione in piani e nei contrasti luministici netti e forti. Anche nella scultura di Marazzi è di primaria importanza il dialogo tra pieni e vuoti, tra luce inghiottita e luce che scivola sulla superficie della materia facendone risaltare la cromia, la grana, le inclusioni, la misteriosa spazialità.Il sentimento della sostanza organica del pianeta, per cui la materia è viva, costantemente metamorfica e transmorfica, e anche allegoria permanente del movimento del pensiero, degli itinerari conoscitivi e, insieme, del condensarsi e concentrarsi dell'energia per germinare ed espandersi.
Se le prime sculture rivelano nella struttura a sviluppo lineare e nella bifrontalità un'evidente origine dal disegno e dalle strutture a rilievo, Marazzi ha saputo ben presto sempre meglio sentire, cogliere a descrivere lo spazio tridimensionale, espandendo i percorsi del segno, facendo respirare i volumi, allargando gli intervalli, dilatando la dimensione temporale della lettura del fraseggio plastico.
Sempre più complessa, la sua scultura ha assunto autentico impianto monumentale ma d'una monumentalità non retorica, cioè senza gesti eroici, e tuttavia di forte suggestione vitalistica e intensamente espressiva e coinvolgente.
Al confrontarsi di linea retta ad angolature vive con la linea curva e ai volumi turgidi è affidata la drammatizzazione e la comunicazione delle qualità emotive ed affettive dell'emblema plastico: ora luogo di oppressione che tende a schiacciare. a spezzare e a spingere in basso ogni innervatura, ora abbraccio amoroso, ora elastico movimento, ora gesto atletico o di ripiegamento nell'intimo, ora unione e compenetrazione come segnali della fratellanza e della pace, dell'amore e della collaborazione. L'articolazione del corpo umano nello spazio consente a Marazzi di sviluppare figure "totemiche", emblematiche della condizione essenziale dell'uomo, delle sue aspirazioni e dei suoi rapporti con la storia, la società, la natura, l'ambiente: anche lì dove il riferimento alla figura quasi scompare resta il "modulo" di una continuità costruttiva che anima lo spazio di presenze di memoria e di emozionata partecipazione, oltre che di aspirazioni a un futuro sempre più vivibile.
Le più recenti opere, infatti, ci portano sul piano di una spazialità cosmica, di armonie, di equilibri, di movimenti ritmici propri del Grande meccanismo universale.
Rispondono a un'esigenza di liberazione fisica e mentale dai limiti e dai vincoli planetari, noti tanto per una rinuncia o per spiritualizzazione, quanto per una vera e propria espansione un uscire dal corpo individuale e dallo spazio ambiente per entrare nel corpo del tutto, nella dimensione dell'infinito orizzonte e dei rapporti interplanetari: un po' fuga dal pianeta (sovraffollato e in degrado), un po' aspirazione a un piano di restituita integrità, possibilità e dignità di esigenza per il pensiero e per la creatività dell'uomo.
"Spazi profondi", "Rotazione e rivoluzione" del 1987, "Penetrazione cosmica", "Pianeti", "Estasi galattica", '"Masse cosmiche" del 1988 sviluppando in modo originale ed esemplare questa esplorazione "galattica" di Marazzi, scultore attentissimo anche alle qualità del ''textures'' e cromazione delle materie che tratta (dai bronzi politi e patinati alle onici ricche di mobilità interna, di venature, e agli alabastri, dallo statuario ai calcare della Maiella) come ulteriore determinazione della spazialità, momento che non va inteso semplicisticamente come attributo decorativo della forma, ma come qualità intrinseca dell'organismo plastico. caratterizzarsi del "flusso" di energia nello spazio, Ancor più evidente ciò appare nelle coloratissime tarsie di pietre, in cui Marazzi esprime una magistrale capacità combinatoria e di invenzione formale e prospettica, cosi da sviluppare sul piano la percezione di una profondità spaziale cangiante e di una plasticità dinamica di singolare efficacia nel guidare a vivere materia e forma come a momenti transitori di processi di trasformazione organica e di coagulo intellettivo, cioè di proiezione conoscitiva e fantastica, liberi ormai da qualsiasi condizionamento di raffigurazione.

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